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Cento giorni che non torno

Cento giorni che non torno

AUTORE: Valentina Furlanetto

PAGINE: 288

CODICE PRODOTTO: 891911

EDIZIONE: LATERZA

PREZZO EDITORE: 20.00 €

PREZZO OFFERTA: 9.90 €



La vittoria dell’utopia che trasformò i manicomi in spazi di cura



La rivoluzione di Franco Basaglia s’intreccia con la storia di una paziente internata e con le storie di donne recluse perché fuori dai canoni.

Da un lato di questa storia c’è Franco Basaglia, classe 1924, lo psichiatra e neurologo che con la legge 180 ridefinisce la malattia mentale e l’istituzione manicomiale, dall’altro c’è Rosa, che dopo un grave trauma cranico comincia a soffrire di crisi epilettiche e finisce in manicomio. Qui, insieme a lei, sono internate molte altre donne: alcune malate di mente, altre - come si legge dalle cartelle cliniche - ritenute troppo ribelli, libere, scandalose, originali, tristi, povere. Donne che solo grazie a Basaglia hanno potuto uscire dal “pozzo” e ricominciare a vivere. Nel centenario della nascita dello psichiatra, Furlanetto intreccia inchiesta e racconto intimo (Rosa era la nonna dell’autrice), in un libro che, mentre scatta una fotografia dell’oggi restituisce dignità alle vittime di un sistema disumano.

Valentina Furlanetto, giornalista, lavora a Radio24 e collabora con «Il Sole 24 Ore», «Il Foglio» e «Review». A Radio24 conduce la trasmissione Immagini. Le storie della settimana e lavora ai radiogiornali. Ha pubblicato Si fa presto a dire madre, L’industria della carità, Noi schiavisti. Come siamo diventati complici dello sfruttamento di massa (Premio Leogrande Studenti 2022).

«Furlanetto raccoglie in un libro le motivazioni formali dei ricoveri: un ritratto del femminile mai accettato».
Sette – Corriere della Sera

«Una piccola storia dentro la grande storia della legge 180 del 1978, che Valentina Furlanetto, giornalista radiofonica e scrittrice, racconta con l’accuratezza delle ricerche sui documenti».
Il Foglio

“Per scrivere il mio libro ho cercato Rosa, mia nonna, rovistando nei miei ricordi, in quelli di mia madre e mia zia, nella sua storia, nei pochi scritti e infine nella cartella clinica custodita nell’ex manicomio Sant’Artemio di Treviso.”